Pietro Mascagni : Messa di gloria, 1991

Roma, Basilica di San Carlo al Corso
13 giugno 1991 - ore 21:00

Iorio Zennaro, tenore
Pietro Spagnoli, basso

Alberto Galletti, maestro del coro

Ensemble Seicentonovecento
Flavio Colusso, direttore

Prima esecuzione a Roma, nella chiesa frequentata dallo stesso compositore fino alla sua morte durante la sua lunga permanenza all’Hotel Plaza in via del Corso

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Musicaimmagine Records, 1 CD MR10001
WORLD PREMIÈRE RECORDING, 1991

NEW : Brilliant Classics, 2014
Allegati Audio / Video Foto Press
Roma: conversazione fra
Guia Farinelli Mascagni e Flavio Colusso

Siamo a Roma, alle prove del Concerto Spirituale nella Basilica di San Giacomo in Augusta e aspettiamo una pausa per parlare con il “Maestro di cappella”, Flavio Colusso. La Basilica jacopea si trova in via del Corso, a pochi passi dall’Hotel Plaza dove ha abitato per circa vent’anni Pietro Mascagni, e la sua Cappella musicale ha avuto un ruolo assai importante fin dall’inizio del Seicento, tanto che fra i suoi illustri maestri ricordiamo anche Alessandro Scarlatti. […]
Affascinato dalla vocalità e dalle profonde interdipendenze tra la musica Antica e la sua proiezione contemporanea, Flavio Colusso è anche direttore dell’Ensemble Seicentonovecento con il quale ha realizzato molte prime esecuzioni e incisioni discografiche. Fra queste, la prima incisione mondiale della Messa di Gloria di Pietro Mascagni, pubblicazione che è stata accolta dal pubblico e dalla stampa internazionale come un avvenimento che ha ridestato un notevole interesse per il Mascagni inedito contribuendo alla diffusione e alla conoscenza del repertorio non solo operistico del grande livornese.

Maestro, cosa prova quando dirige? Riesce a descrivermi le sue emozioni.
Il mio percorso è assai simile a quello di Mascagni: dirigo da compositore e dunque “riscrivo” ogni volta la partitura che affronto, senza però entrare in conflitto con le intenzioni dell’Autore che rispetto sopra ogni cosa. La mia lunga militanza nella ricerca musicologica mi ha portato ad affrontare tante opere mai eseguite e sulle quali, per la maggior parte dei casi, non vi sono indicazioni interpretative e, spesso, neanche una completa strumentazione della partitura. Scavare oltre le apparenze, dietro le note, dietro le righe è per me una necessità irrinunciabile e anche quando tutte le indicazioni sono lì al posto giusto mi sembra sempre che manchi ancora la più grande parte del lavoro: l’essenza di ogni singolo suono nel respiro di ogni frase.

Maestro, come compositore quale è il suo metodo e quali sono le sue aspirazioni?
Mascagni un giorno confidò a Luigi Illica il suo metodo di scrittura musicale: “credo che la mia testa sia ormai piena di idee. Non scrivo nulla (questo è il mio solito sistema) ma ho tutto in mente”.  Anch’io, effettivamente, percorro la stessa strada; per poi stendere tutto insieme alla fine, di getto.
Nelle mie composizioni cerco, attraverso la più efficace semplicità di mezzi, di infondere quegli elementi che possano raggiungere e coinvolgere gli ascoltatori, non per fargli ascoltare della musica più o meno buona o bella – secondo i gusti, s’intende – ma, piuttosto, per trasportarli in una dimensione di “condivisione” e partecipazione attiva: in un’esperienza dello spirito.
[…] Ecco, in breve, le mie aspirazioni: far sì che l’arte serva ancora a sollevarci verso il Cielo. Se è lì che un giorno vorremo arrivare, essa ci può più facilmente indicare la strada e, in alcuni casi, alleggerirci quanto basta per poterlo fare fin da subito.

Veniamo al suo incontro artistico con Mascagni; com’è avvenuto?
Quasi di nascosto. Come dicevo, venendo da due ambienti assai lontani dai linguaggi dell’opera lirica come comunemente è intesa, e ad essi oserei dire refrattari – ovvero quelli della ricerca e della sperimentazione spinta fino all’uso dei mezzi elettroacustici da un lato, e da quelli della esecuzione filologica della musica del passato dall’altro: ho avuto la fortuna di praticare la “bottega” dell’arte con i suoi maestri preferiti, anzi “prescelti”. Così un giorno, durante i miei studi di canto e di composizione, nella mia insaziabile curiosità, il colpo di fulmine: ho letto una partitura…

Come è nato questo suo interesse per la Messa di gloria che ricordiamo ha eseguito?
La sua musica “è per i cuori buoni”, come lui stesso ha detto. E questa Messa, nata in un momento di grande fermento del giovane Mascagni, costituisce una sorta di vocabolario dello stile del compositore.
Inoltre, riscoprire questo suo lavoro “sacro” significava porre l’attenzione del pubblico e degli studiosi su aspetti ancora quasi del tutto inediti dell’autore di Cavalleria che, tutto sommato, si può ascrivere alla lunga lista di quei musicisti che, pur famosi, risultano poi essere conosciuti per poche opere del loro catalogo: un Mascagni, dunque, sconosciuto – anzi, peggio – conosciuto male!
Ne abbiamo così realizzato anche la prima esecuzione a Roma, proprio nella Chiesa di San Carlo al Corso che si trova di fronte all’abitazione romana del Maestro e da lui frequentata.
Ho sempre immaginato che questa musica fosse l’ideale funzione pasquale che, nella Cavalleria rusticana, si svolgeva durante la fortissima scena di Santuzza, rimasta a piangere fuori della chiesa del paese…

Moderato, sperimentatore o inquieto: una definizione-opinione di Mascagni?
Fra le tre, sicuramente un inquieto che, come ebbe a scrivere “Non dormo mai, non riposo mai. E nelle lunghe ore d’insonnia, la mente si perde e svanisce in un mare di pensieri vaghi, disperati, inafferrabili”: sempre dibattuto fra l’iperattività – dettata forse da un senso di “orror vacui” e dalla sua incrollabile fede nell’arte e nei valori umani dell’artista e del suo ruolo sociale – e la sua “mania di persecuzione” che tendeva ad esasperare, in parte non a torto, la paura di essere incompreso e di essere “boicottato” da tutti. Anche se tutto questo non gli ha poi impedito di essere, invece, il più amato e il più richiesto autore e direttore che lo scorcio fra ottocento e novecento abbia avuto. Un “grande” inquieto, dunque, e un grande artista che pretendeva sempre il massimo da se stesso e da tutti i suoi collaboratori ed amici.