Carissimi/Colusso : Fileno & Amarilli, 2006/2007

Arcadia bifronte
Al Museo della Musica della Bologna, in un recente lavoro di Flavio Colusso,
pagine di Carissimi incastonate in una partitura contemporanea

Carlo Vitali – ottobre 2007 – Amadeus

Salvo il libretto attestante un’esecuzione accademica bolognese del 1647, nulla è rimasto delle Amorose passioni di Fileno poste in musica da Giacomo Carissimi. La tentazione di un restauro inistile, magari operando su affinità metriche certo non introvabili, è stata sventata da Flavio Colusso con un’operazione antimuseografica dove le autentiche pagine carissimiane sono un pugno di frammenti incastonati in un declamato semiscenico, più magre armonie di basso continuo. Il resto è un groviglio di note d’oggi che fanno siepe intorno alla fontana di Amarilli, la ninfa dai tratti caprini, la bisbetica germana di Pan qui evocata in pochi frammenti poetici dove imperano Virgilio, Tasso e Guarini. Primo libro dei madrigali illustrati chiama Colusso questo suo giardino in dodici stazioni dissodato nel giro di quasi tre decenni; una personale Arcadia dove Ravel gioca a moscacieca con Perotinus, Dallapiccola insegue Respighi, Schubert accompagna al piano il lamento di Mimì. Fra mormorii di arpe celtiche e diatonismi ellenici (forse) immaginari, s’intrecciano ghirlande di clusters per inconorarne l’erma bifronte del Principe di Venosa. Insomma un bel parco-giochi per ragazzi insolenti che, avendo rivoltato tutte le carte del manuale di storia, non si lasciano infinocchiare da sciape baroccherie atmosferiche alla Nyman. Barbuto e ammiccante come un faunetto, Colusso dirigeva dalla tastiera del gran coda un sestetto di soprani: cinque signore e un’adolescente voce bianca, tutte compunte pur nel divertimento. Fra echi di zufolo pastorale, compatte tessiture a cappella, squarci di Sprechchor anni Trenta, saettavano le prodezze belcantistiche di due specialiste come Margherita Chiminelli e Maria Chiara Chizzoni.
Il nome dell’ensemble? “Seicentonovecento”, non c’è proprio da sbagliarsi.