Il Concerto di Christina: alchimie musicali alla corte romana della regina di Svetia

Commedia-Pasticcio in un prologo e due atti, per voci & burattini (2002)
Testo di F. Colusso
Musiche di G. Carissimi, F. Colusso, A. Scarlatti, A. Stradella
Commissione di : Institutum Romanum Finlandiae
Attrice, voce bianca, SS, voci rec, strumenti antichi ad lib. (ca. 80’)
seconda versione (2002) : ampliata per il Teatro Massimo di Palermo
terza versione (2005) : ampliata come Soggetto cinematografico per il progetto multimediale “Giacomo Carissimi Maestro dell’Europa Musicale”.

Personaggi / Characters
S.R.M. CRISTINA ALESSANDRA, Regina di Svezia - attrice/cantante
DUE DAMIGELLE DI S.R.M., voci bianche
ANGELA VOGLIA detta "GIORGINA", cantatrice virtuosa - soprano
IL MAESTRO DI CAPPELLA DEL CONCERTO DA CAMERA, attore
Clori, Lisetta, Eurillo (burattini), servitori, musici...
Allegati Foto Press
Il Concerto di Christina
Flavio Colusso [Nota dell’autore]

Interloquiscono sulla scena: S. R. M. Cristina Alessandra, Regina di Svezia; il suo Maestro di Camera; due bambine; la sua cantatrice prediletta Angela Voglia, detta Giorgina; quattro Musicisti e alcuni Servitori.

Cristina è accompagnata da due bambine, le quali assecondano le sue improvvisazioni e le sue fantasie (ella recita frammenti sparsi dei versi di Damone e Clori, personaggi della sua Serenata La forza delle stelle). Le figure che abbiamo voluto identificare nelle due piccole protagoniste sono, oltre ai due innamorati della Serenata e, poi, alle due sorelline dell’opera di Scarlatti, due ideali «parti ben distinte e mescolate» della Regina stessa, le sue due personalità femminile e maschile, e infine, una lettura tradizionale dei metalli, anticamente raffigurati metaforicamente e simbolicamente come dei Bambini.

«Questa Regina era l’essere più straordinario per una donna, così pel suo svegliatissimo ingegno e per la sua vastissima erudizione, come per le sue qualità morali – buone e cattive – e pel suo spirito intraprendente». Così il Cametti tesse le lodi di una delle figure femminili di spicco della storia europea: quella Cristina di Svezia celebrata ai suoi tempi e le cui gesta – dalla rinuncia al trono all’eclatante conversione al cattolicesimo, dal mecenatismo delle arti e delle lettere alla fondazione dell’Arcadia – arrivano sino a noi come esempio di emancipazione dell’essere femminile e di aspirazione dell’essere umano a superare  i confini imposti dagli schemi culturali e sociali.

Lo spettacolo Il Concerto di Christina ci è stato commissionato dall’Institutum Romanum Finlandiae nell’ambito delle iniziative legate alla riscoperta della figura e delle opere di Giacomo Carissimi, del quale si celebrerà nel 2005 il quarto centenario della nascita. Si tratta ovviamente di un lavoro di fantasia, anche se fondato su documenti storici e forma l’idea base di una sceneggiatura cinematografica che stiamo preparando.

Giacomo Carissimi fu il capostipite di una grande Scuola musicale europea di cui fecero parte anche Alessandro Stradella e Alessandro Scarlatti. La scrittura musicale di tale Scuola era basata su relazioni e proporzioni numeriche che esercitavano un grande fascino sul pubblico. Il Maestro era infatti, «capace di trasportare gli animi degli ascoltatori verso qualunque sentimento», come scrive il grande scienziato gesuita Atanasius Kircher nella sua Musurgia Universalis sive Ars magna consoni et dissoni.

Il programma poetico-musicale e l’emblema stesso di questo nostro Concerto, con l’ascolto di alcune pagine «piene di succo e di vivacità di spirito», cui si alternano anche momenti di danze tarantolate e spettacoli di burattini, richiamano a noi quelle “relazioni e proporzioni” investigate sul cammino della «Scuola prediletta».

È risaputa la forte e liberale inclinazione di Cristina Alessandra per gli studi, le arti e per la ricerca dell’oro filosofale attraverso le pratiche alchemiche nelle quali, tra l’altro, disperse enormi fortune in denaro: nell’epoca in cui le osservazioni astronomiche di Galileo hanno schiuso al pensiero e alla speculatio la realtà della sperimentazione, Cristina è affascinata dalla “nuova medicina” del molto discusso Francesco Giuseppe Borri, suo modello negli studi e nelle ricerche, medico e ricercatore le cui «prattiche sono insieme un laboratorio et un Oratorio».

Dalla Istoria segreta della Regina, un libello anonimo che ha avuto una grande fortuna e traduzioni in molte lingue fin dalla fine del XVII secolo, apprendiamo alcune notizie “alternative” a quelle che si posso leggere ovunque : «Roma, che è il centro della religione, è ancora il teatro delle più belle commedie del mondo. La Regina Cristina Alessandra vi ha fatto un sì bel personaggio, che io ho creduto potere non poco contribuire al divertimento pubblico, sé senza offendere la maestà, che ella ha sempre sostenuto, darò un’idea di quello che ella ha sempre di particolare e se aggiungerò alle sue azzioni eroiche certi piccoli brij che non riescano sempre male ad una persona che non ha lasciato il trono che per menare una vita privata, nella quale si vive con più libertà. […] Le arti e gli amori non erano il solo trattenimento della Regina. L’alchimia era la sua occupazione più seria […] e subito che S.M. fu arrivata a Roma, fece rizzare un grande stillatoio nel suo palazzo, dove passava la più gran parte del suo tempo […] La Regina voleva andare sempre lei medesima a calcinare, filtrare, distillare. […] Quelli che hanno qualche conoscenza dell’alchimia, sanno quanti attrezzi e quante cose bisogna mettere in opera, tanto in carbone, in fornelli, che in diversi pezzi di terra e di vetro, caraffe, lambicchi, mortari et altri vasi di terra e di metallo; ma la più grossa spesa è in droghe, argento vivo, litargirio, piombo e mille altri ingredienti».

Ci appare evidente che Cristina cercasse esplicitamente, oltre al Carissimi, nominato nel 1656 suo «Maestro di Cappella del Concerto di Camera», i musicisti della sua Scuola i quali – i migliori sulla piazza alla loro epoca – potevano garantire il loro servizio musicale ed inoltre, al di là di ogni evidente piacere culturale e di plaudente stupore cortigiano, saziare la sua sete di conoscenze arcane: La dimensione di ricerca e della conciliazione obbligata di scienza e fede è vissuta su due livelli differenti, su due strade parallele e ufficialmente mai intersecabili. L’intreccio armonico-spirituale dell’istruzione superiore del genio carissimiano – Nil Sine Deo di tradizionale memoria – si traduce, nelle istanze della Regina, nell’impellenza di indagare «d’infinito intervallo» quell’Universo che sì, si apriva allo sguardo nuovo dell’uomo di cultura secentesco – e, dobbiamo riconoscerlo, mercé le “rivoluzioni” della Regina, anche della donna! – ma immerso in un ideale dialogo fra mondo celeste e mondo terrestre, attraverso il quale riuscire a comprendere le «prattiche» del suo Ultramontano medico-guaritore-iatrochimico-eretico-profeta-avventuriero-Gesuita mancato e rinnegato, dottor Borri.

Nella sua poliedrica curiosità Cristina apportò il contributo del suo gusto e delle sue idee ad un’infinita quantità e generi di spettacoli, compresi perfino i giuochi dei saltimbanchi. È lei che spinge il suo segretario d’Ambasciata e soprintendente ai suoi virtuosi e ai suoi spettacoli, il conte Giacomo d’Alibert, a tenere nella propria casa – sotto la sua protezione – delle sale da gioco, allietando i frequentatori con trattenimenti scenici in prosa, con recite di burattini e con esecuzione di musica e, infine, a edificare ed inaugurare nel 1671 il primo teatro d’opera pubblico in Roma nel quale spettacoli fino ad allora privilegio riservato unicamente all’alta società divennero fruibili da chiunque, senza distinzione di classe: quel teatro Tordinona in cui per prime risuonarono le note del Prologo musicato da Stradella in lode della Regina Cristina e del Papa, Clemente X.

Il nuovo papa Innocenzo XI, Odescalchi, appena salito al soglio pontificio “volle subito combattere l’estrema licenza di quella società frivola e corrotta e, ritenendo che il teatro, le recite, le feste e anche la musica favorissero la corruzione, cominciò col non permettere gli spettacoli pubblici, e col proibire ai musici di teatro di cantare nelle chiese e alle donne di recitare e di cantare sulle scene; giungendo poi a vietare anche le recite nei seminari, a impedire a «qualsiasi perito di musica» d’insegnare il canto e il suono alle donne, e a sospendere perfino i divertimenti carnevaleschi.

In questo clima restrittivo giunge a Roma per completare i suoi studi musicali Alessandro Scarlatti, il quale scrisse la sua opera pastorale Gli equivoci nel sembiante che non aveva ancora compiuto 19 anni d’età. Alla Regina Cristina, giunta l’eco di questa nuova opera “che piacque assai, ne fece trasportare le rappresentazioni e mandò espressamente a prendere con una sua carrozza lo stesso compositore affinché potesse suonare in orchestra». L’anno successivo, nel 1680, lo nominerà suo Maestro di cappella.

A proposito delle feste e dei balli di quell’epoca riportiamo: «Una volta fu invitata ad un virschaff (un ricevimento che è una specie di ballo), ove ella vi comparve vestita alla frascatana e vi fece un ballo in cui S.M. si dimenò in una strana maniera!». Abbiamo voluto rappresentare questa curiosa sortita della esuberante Regina ritrovando sui passi della Sinfonia XXII di Alessandro Stradella – che sembra fornire mirabilmente una descrizione quasi a programma degli effetti del tarantismo – una danza pantomimica con l’alternanza dei momenti depressivi e di quelli sfrenati e liberatori tipici della celebre danza iatrofonica e musicoterapeutica della Tarantella.

Tornando a considerare l’aspetto più meditativo della controversa immagine impressa da Cristina alla sua Corte-laboratorio-Oratorio – e in tale dimensione riaffiora la nostra filosofia Seicentonovecento – concludiamo Il Concerto di Christina nello spirito di continuità e innovazione linguistica e sociale della antica “pratica dell’Oratorio” eseguendo (qui in prima esecuzione in Sicilia) l’Esercizio Spirituale Concertato Il Castello interiore, brano contemporaneo concepito per l’Ensemble. In un più vasto significato di lotta-dialogo-armonia, lo stile concertato e l’attività in genere del concertare consistono – oggi come allora – anche nel concordare-accordare-riunire-guidare e ci conducono ad una “risonanza” macroscopica attraverso la quale elevarsi nel tentativo “obbligato” di conciliare scienza e Fede.